La Bottega Della Sedia Di Barbara Berni.
Vicolo della Torretta 51, Roma
00186 Roma RM
+39 3498395234
bernibarbara@hotmail.it
Nella storia di Barbara, che svolge la sua attività di impagliatrice in due botteghe, una nei pressi del Teatro Valle di Roma e l’altra sempre in centro, in via della Torretta, l’ingrediente principale, accanto alla sapienza artigianale, è una dote umana indispensabile: la tenacia.
Perché sebbene nei suoi due atelier Barbara realizzi sedie, mobili e cesti da oltre vent’anni, serve ancora molta tenacia: non soltanto per riparare le migliaia di sedie in paglia che i clienti riversano in queste botteghe e che rappresentano una sfida creativa quotidiana, ma soprattutto per sfidare il luogo comune secondo cui questo tipo di manifattura sia soprattutto un affare da uomini. Storicamente, alle donne era permessa soltanto l’impagliatura in senso stretto, ovvero il lavoro di intrecciatura dei fili di paglia, mentre la realizzazione di mobili era riservata ai maschi. Sfidando questa convenzione, che è ancora dura a morire, Barbara, con la madre e una zia, è diventata nel tempo l’anima della Bottega della sedia, che ora manda avanti insieme a Luigi, un restauratore, nipote di un ebanista del centro. Un incontro felice, quello tra i due, che li ha portati a lavorare insieme dopo la scoperta che i nonni dell’una e dell’altro erano stati colleghi. Da qui all’idea di condividere lo spazio, il passo è stato breve.
Dici seduta di paglia e pensi a Thonet, alla paglia di Vienna, all’invenzione prodigiosa della curvature del legno attraverso il vapore che da due secoli porta nelle case di tutto il mondo quelle creazioni meravigliosamente in bilico tra artigianato, industria e design. “La paglia di Vienna è sicuramente quella più richiesta” racconta Barbara, “perché soddisfa sia gli amanti dell’antico che del contemporaneo”. Più difficili da trovare sono la corda o il vimini. Barbara impaglia a mano, con il trafilato di giunco. A seconda del modello di sedia, usa fili di diverso spessore. Per una seduta con trafilato di spessore più piccolo, fino a un millimetro e mezzo di diametro, occorrono una ventina di giorni di lavorazione. La pazienza, oltre che una dedizione certosina, sono fondamentali in questo lavoro: “Quando la paglia è fina, surriscaldandosi per il tiraggio, rischia di spezzarsi”, racconta, “per questo bisogna prendere tempo tra un buco e l’altro, senza avere nessuna fretta. E magari, mentre aspetti, ti metti a fare altro”.
La paglia che utilizza Barbara è di provenienza cinese. Il trafilato si ricava dalla parte più esterna e pregiata delle canne di giunco. La paglia di palude, rispetto a quella di carta, è preferita per la sua resistenza all’acqua, per la durata e il colore. Al termine della cucitura, il trafilato viene trattato: prima viene cristallizzato sulla superficie della seduta, per evitare che la paglia si sfilacci; quindi, colorato con un cerante naturale che non secca la paglia, disponibile in diverse tinte, dal castagno al teak fino al mogano e ad altre ancora. Non c’è più posto, in bottega, per strumenti come la fiamma ossidrica o la sega a nastro, attrezzature che per motivi di sicurezza non è più consentito usare.
Tutte le varie tecniche di tessitura (da quella a “sole”, tipica degli schienali, con un rosone di legno posizionato al centro da cui vengono cuciti a raggiera i vari fili, fino a quella “alla romana”, con i quattro spicchi, tipica delle trattorie della capitale) richiedono una cura d’altri tempi, i cui segni sono ben visibili nelle mani di Barbara e di tutti gli impagliatori del mondo, piene di piccole ferite che rappresentano il tributo da pagare a questa passione. Una passione che, almeno nel caso di Barbara, non accenna a diminuire, anzi: grazie ai social network, l’artigiana ha conosciuto una collega americana con la quale ha preso a insegnare l’impagliatura attraverso il web.